jueves, 29 de noviembre de 2007

webquest

I Borgia

http://www.ajedrezmoderno.com/resources/image/sanvito.jpg

Autore: Alfredo Juan

E-mail: alfrejuan@yahoo.es

Ambito italiano

Livello: tutti



INTRODUZIONE



http://estaticos01.cache.el-mundo.net/ladh/numero96/imgs/borgia%20i.jpg

Introduzione al Simposio dui Borgia che si terrà a Valencia e Gandia. Conoscere la celeberrima famiglia d'origine valenzano.




COMPITO
http://hombrelobo.com/wp-content/uploads/2007/08/180px-cesareborgia.jpg

ricerca informazione (links, foto, etc) in rete sui Borgia. Sarà poi introdotto al blog.

PROCEDIMENTO
http://virtual.utm.mx/mixteca/nuevo/CODICES/img9a.jpg

il lavoro in gruppo si farà in gruppo e sarà poi presentato a lezione in una sesione il 13 gennaio, previamente all'inaugurazione dell'esposizione.

RISORSE
http://www.casadellibro.com/img/creatividades/BORGIA.jpg

vi proponiamo i siti seguenti per la vostra ricerca.

Lucrezia Borgia - http://www.cinemedioevo.net/film/Cronologie/filmografia_borgia.htm
I Borgia - http://www.vespito.net/mvm/borgia5.html
Filomografia - http:/w.cinemedioevo.net/film/Cronologie/filmografia_borgia.htm/ww
http://www.rae.es
VALUTAZIONE
http://www.phistoria.net/images/stories/historia/borgia4.gif

lavori da presentare a lezione in una sesione il 13 gennaio, previamente all'inaugurazione dell'esposizione.

CONCLUSIONE
p://www.comune.urbino.ps.it/images/cultura-turismo/Santa%20Chiara%20per%20Pagina.JPG

Cercheremo di scoprire chi furono i Borgia.

RINGRAZIAMENTI
http://www.moveaboutitaly.com/toscana/foto_grandi/Pienza_palazzo_Borgia.jpg

Scrivere la lista delle fonti usate nel webquest, che siano immagini, testi o suoni, indicando i ling alla fonte originale. Esprimere i ringraziamenti a chi ha fornito tali risorse o qualsiasi altro tipo di aiuto. Per esempio:

-The WebQuest Page at San Diego State University: http://webquest.sdsu.edu/
-Aula Tecnológica Siglo XXI: www.aula21.net
-Páginas dispersas: fresno.cnice.mecd.es/~avaler3


Stampare - Su

(Pagina creata con 1,2,3 il Tuo Webquest - http://www.aula21.net/)

jueves, 22 de noviembre de 2007

Se una notte d’autunno un viaggiatore

Se una notte d’autunno un viaggiatore

di Andrea Deioma

Una carrozza come tante, sulla linea ferroviaria Catania-Roma. Un viaggio normale, con compagni di scompartimento come tanti altri. Passeggeri diversi per passaporto e colore della pelle. Divisi dalla diffidenza. Accomunati dalla stessa paura.



Giusy fa fatica a portare il trolley. Fortuna che c’è suo padre in stazione. È lui che l’aiuta a salire nella carrozza 06. Giunta nel proprio scompartimento vede che tre dei sei posti sono occupati da stranieri, probabilmente marocchini o tunisini. La ragazza, dando le spalle a quelli che saranno i suoi compagni di viaggio, guarda suo padre. In quegli occhi preoccupazione. Lancia una tenera richiesta d’aiuto. Un grido d’allarme col silenziatore. Suo padre cerca di rassicurarla con un tiepido sorriso, ma dentro di lei c’è un’ansia tremenda. Maledetto aereo al completo, ci fosse almeno un poliziotto in ogni treno notturno! Per sondare la situazione l’uomo, barba incolta e cappello ben conficcato in testa, entra nell’angusto spazio avvertendo un’aria pesante. Chiede la destinazione dei tre, ma non capiscono una sola parola. Ci si aiuta a gesti e mostrando i biglietti. Ancora timidi sorrisi, stavolta da parte dei viaggiatori magrebini.


Il treno 1938 Bellini parte puntuale dalla stazione centrale di Catania. Qualcuno è contento che non si tratti dell’834 Freccia del Sud, soprannominato “Feccia del Sud”, per le scarse quanto leggendarie condizioni igieniche. I viaggiatori già scommettono sul ritardo che porterà all’arrivo. Sono le 22.05 quando il fischio del capotreno conferma la partenza dell’Espresso poco prima annunciata dalla metallica voce preregistrata degli speaker in stazione.


Le carrozze con cuccette e altre sistemazioni letto partono semi-vuote. La maggior parte dei passeggeri stanotte è in seconda classe. Scomodi e semplici posti a sedere. Proprio quando al viaggio in treno erano stati diagnosticati pochi anni di vita a seguito del calo delle tariffe aeree, ecco che le carrozze, che già col loro nome evocano lunghe traversate ottocentesche, continuano magicamente a riempirsi, forse ancora più di prima, impiegando grosso modo lo stesso tempo per giungere a destinazione. A scegliere questo mezzo di trasporto sono ancora in molti. Gli aereofobi proprio non ce la fanno a salire su un mezzo che per una strana formula matematico-fisica riesce a vincere la forza di gravità. Folta la schiera degli squattrinati che scelgono il posto a sedere piuttosto che una cuccetta: Giusy è tra i pendolari d’amore. Il suo ragazzo, prossimo alla laurea, vive poco al di fuori del raccordo anulare di Roma con la propria famiglia. La ragazza fissa il finestrino mentre, soffocate dall’oscurità, le ombre dei paesi costieri del Messinese scorrono velocemente. A Giusy, che sfoglia mentalmente la sua storia d’amore, scappa un timido sorriso. Torna in sé accorgendosi di non essere sola nello scompartimento. Un uomo molto distinto, salito sul treno a Giardini Naxos, sta dinanzi a lei e, alzando gli occhi dalla Bibbia che ha in mano, ricambia il sorriso; ma dallo sguardo della ragazza si accorge subito dell’equivoco.



Ancor prima di raggiungere lo Stretto lo scompartimento è al completo. Con Giusy, i tre extracomunitari e l’uomo di Chiesa, c’è anche un ragazzo di Acireale che però non resta mai seduto. Marco fuma nevroticamente una sigaretta dopo l’altra con la testa fuori dal finestrino del corridoio. Superate le prime prove psico-attitudinali e di cultura generale, spera di passare le prove fisiche che si terranno nel casermone di Tor di Quinto a Roma.


Per gli extra-comunitari viaggiare in treno è una scelta obbligata, vuoi per il prezzo (la maggior parte delle volte più basso di quello di un aereo), vuoi perché viaggiare in treno significa (per chi teme la legge) spostarsi senza controlli e senza il rischio di essere rintracciabili: il biglietto non è nominativo e il controllore si accontenta di visionarlo senza indagare oltre sul possessore.


Di comune accordo si decide di spegnere le luci dello scompartimento. I tre amici di colore appoggiano la decisione annuendo. Nel buio sei occhi spiccano più degli altri. Giusy si impressiona e, stringendo la borsetta tra le mani e il giaccone, cerca di addormentarsi. Marco, finite le sigarette, ha preso posto e sonno quasi nello stesso istante, non prima di aver controllato che i lucchetti del borsone fossero ben chiusi e aver dato un’occhiata fulminante a quei tre che non lo convincono tanto. Il ragazzo tiene la gamba destra adiacente alla porta dello scompartimento per controllare che nessuno entri o esca da quel posto.


Verso le undici e mezza si arriva a Messina. Solo dopo la mezzanotte il treno riparte per il porto dove verrà spezzettato in tre o quattro parti per essere inghiottito dalla pancia del traghetto. Durante la traversata nessuno dei sei sale sul ponte. Preferiscono restare con i bagagli. Una volta riassemblato, il treno riparte. Adesso si può prendere finalmente sonno, quello profondo. La prossima stazione è Napoli, soste tecniche escluse.


Nel cuore della notte la porta dello scompartimento si apre di colpo: i controllori non badano mai all’ora. Il sonno viene ripreso a fatica da tutti. La porta dello scompartimento si apre nuovamente, stavolta lentamente, stavolta non è il controllore. Si affaccia un ragazzo di colore, due denti storti e capelli arruffati. Nel buio più totale viene sorpreso da Marco che lo spinge fuori con la stessa gamba che sorvegliava l’entrata e gli grida “Che cazzo vuoi ladro di merda? Tornatene al tuo paese prima che ti gonfio!” Accorre il capotreno che chiede spiegazioni. Il ragazzo maltrattato si chiama Cristian. Suo padre è nato in Senegal. Sua madre è romana de Roma. “Ma guarda te ’sto ’nfame! Stavo solo a cercà ’n posto!” Marco neanche si sogna di chiedere scusa. Per lui sono tutti della stessa pasta, tutti venuti a rubargli il lavoro.


A Napoli scendono molti nigeriani. Vanno probabilmente ad incontrare i loro fornitori di merce marcata contraffatta. La luce del giorno comincia a varcare la linea dell’orizzonte, portando un po’ di tranquillità nello scompartimento. Dopo la mezza zuffa in piena notte nessuno ha preso più sonno. I tre magrebini con la paura di subire aggressioni. I tre italiani con quella di essere derubati.


(13 novembre 2007)

sábado, 17 de noviembre de 2007


No al suicidio dell’italiano

di Magdi Allam

Aiuto, stiamo «suicidando» la lingua italiana! Dalla pubblica amministrazione alla scuola, dalla sanità alla giustizia, dalla religione alla sicurezza, dal lavoro alla pubblicità, ci affanniamo a persuadere le menti e a conquistare gli animi degli immigrati comunicando con decine di idiomi diversi, mobilitando un esercito di mediatori linguistico-culturali, anziché chiedere ed esigere che siano degli ospiti— che accogliamo dando loro l'opportunità di migliorare la loro condizione di vita — a conoscere e a dialogare nella nostra lingua nazionale.

Oltretutto, se ci pensiamo bene, l'italiano è la certezza che ci è rimasta di un'identità collettiva vilipesa e tradita dal rischio di estinzione a causa delle conseguenze letali del morbo del multiculturalismo sul piano della perdita dei valori comuni e condivisi. In un mondo in cui siamo soltanto noi a parlarlo e che ci ha già declassato a idioma di serie B, se siamo noi stessi a relativizzarne il valore all'interno stesso dell'Italia mettendolo sullo stesso piano di decine di lingue straniere, la sua morte certa sarà ancora più precoce dell'inevitabile tracollo demografico di una popolazione autoctona a tasso di natalità zero. Nonè una scoperta assolutamal'apparire sui tram milanesi della pubblicità della Kinder Ferrero in inglese, spagnolo e arabo ci costringe a una rinnovata riflessione.

Come interpretare il fatto che la parlamentare di An, Daniela Santanchè, decida di far pubblicare un manifesto a pagamento con una scritta in arabo che recita «Imparate l'italiano e sarete più sicuri dei vostri diritti, dei vostri doveri e del posto che vi spetta nella nostra Patria»? Perché in uno Stato che si rispetti un privato cittadino si accolla l'onere anche finanziario di esortare lo straniero a imparare la lingua nazionale? Non dovrebbe essere una prerogativa e un dovere del governo e delle istituzioni affermare la centralità dell'italiano? Evidentemente non è così visto che non solo non si ritiene che l'immigrato debba conoscere la nostra lingua, ma ci si rifiuta per ragioni ideologiche di prendere in considerazione tale ipotesi.

Tutt'al più si offre l'opportunità all'immigrato di imparare l'italiano, come è nei piani del ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, ma a condizione che sia lui a decidere se, quando e come accettare. E' stato il ministro dell'Interno Giuliano Amato, lo scorso 11 ottobre, a formalizzare il rifiuto del governo a chiedere all'immigrato di conoscere l'italiano. L'ha fatto con una battuta: «Se a mia zia fosse stato chiesto di recitare l'Oxford Dictionary quando sbarcò a Staten Island, probabilmente sarebbe stata respinta dagli Usa e rispedita in Sicilia a fare la fame perché, a quei tempi, lei e tanti altri emigranti parlavano a stento l'italiano». E questa è stata la sua conclusione: «Ciò che non hanno chiesto a mia zia non intendo chiederlo agli immigrati che arrivano in Italia». Il discorso di fondo è una esplicita opzione per una società multiculturalista in cui vengono relativizzate le identità, le culture, le religioni e le lingue.

In quell'occasione Amato ha presentato raggiante un opuscolo «In Italia in regola », tradotto in sette lingue straniere e stampato in un milione di copie. Iniziative simili sono state fatte da diversi ministeri che interagiscono con gli immigrati. Ebbene se lo Stato investe milioni di euro per tradurre le regole comuni e riuscire a comunicarle a chi risiede nello stesso spazio territoriale, significa che ha fallito in partenza perché non ha compreso che solo condividendo la lingua nazionale, in aggiunta ai valori e alla cultura, potrà iniziare il percorso per una costruttiva integrazione. L'investimento deve essere fatto non per rincorrere le lingue dei nostri ospiti,ma per vincolare l'ospite a conoscere la nostra lingua. Deve essere un obbligo, non un optional.

Non c'è poi da sorprenderci se al tradimento dell'italiano in patria si accompagna l'abbandono totale della sorte della lingua nazionale all'estero, concedendo spiccioli alla Società Dante Alighieri (solo 1,7 milioni di euro contro i 300 milioni del Goethe Institut) e assottigliando sempre più i finanziamenti agli istituti di cultura italiani nel mondo (17,5 milioni di euro nel 2006). Ecco perché è ridicolo che ci si scandalizzi se l'Unione Europea e le Nazioni Unite declassificano l'italiano. Ma se non ci crediamo noi stessi al valore della nostra lingua e l'abbiamo trasformata nel simbolo di un suicidio nazionale, perché dovrebbero riabilitarla e riesumarla gli stranieri?

24 ottobre 2007